Roma, 17 settembre 2025 – Sono 321 e sono diffuse in tutta Italia le cooperative di comunità censite dal rapporto AICCON (centro di ricerca) realizzato in collaborazione con Legacoop nazionale e presentato il 17 settembre, presso la sede dell’associazione a Roma. Di queste, il 70 per cento circa opera nelle aree interne, mentre il resto nelle aree urbane che si caratterizzano sempre più come sedi per lo sviluppo di questo tipo di impresa, visto il crescente disagio sociale che si vive nelle città. Sono quasi raddoppiate quelle aderenti a Legacoop, passando dalle 55 del 2020 alle 106 del 2025.
Aprendo i lavori, il presidente di Legacoop Simone Gamberini ha commentato i dati della ricerca: “Le cooperative di comunità si confermano uno strumento prezioso di crescita specie in territori di disagio sociale”, rimarcando che questo particolare tipo di impresa, che parte dal basso, cresce in qualità di “volano di sviluppo locale” e anche “in assenza di una normativa nazionale“. A questo proposito, Gamberini ha sollecitato il sottosegretario al ministero delle Imprese Massimo Bitonci, presente all’evento, affinché venga messa a punto e approvata in tempi brevi una legge nazionale. “Mettiamo in campo tutte le nostre competenze, le reti e gli strumenti dell’ecosistema cooperativo – ha concluso il presidente – e siamo a disposizione per trovare insieme a chi condivide questa visione, soluzioni e strumenti, normativi e non, per supportare le cooperative di comunità sia a livello locale che nazionale”.
Sulla normativa nazionale, Bitonci ha anticipato le intenzioni del governo: sarà presentato un disegno di legge autonomo oppure un emendamento al ddl annuale sulle PMI o al ddl concorrenza (esaminati entrambi in commissione Industria del Senato): questa modalità consentirebbe di accorciare i tempi di esame, ha spiegato, puntando così a “essere operativi al di là dei buoni propositi”. Secondo il sottosegretario è necessaria una disciplina “uniforme e nazionale”, e ha assicurato che i decreti attuativi saranno redatti in uno spirito di piena condivisione. Il rappresentante del Mimit ha quindi ricordato le attività intraprese finora in collaborazione con le centrali cooperative: la cancellazione dall’albo di circa 35mila cooperative in due anni (in parte spurie, in parte fallite), il disegno di legge sulla riforma della vigilanza – il cui iter in commissione Attività produttive della Camera dovrebbe partire a breve, ha anticipato -, le modifiche al sistema di vigilanza attraverso la standardizzazione dei documenti e la loro digitalizzazione.
Sempre in un’ottica di condivisione, il direttore di Legacoop Gianluigi Granero ha annunciato che è in corso una collaborazione con la presidenza del Consiglio perché, dal prossimo anno, riprenderà “un lavoro unitario del movimento cooperativo italiano” sul tema delle cooperative di comunità. “Abbiamo appena avviato un percorso – ha aggiunto – per arrivare a un’iniziativa congiunta con la presidenza alla fine del prossimo anno”. Granero ha quindi evidenziato il valore del rapporto e l’importanza della sua diffusione per offrire la possibilità di replicare questo tipo di impresa in altri territori: chi è interessato “può trovare esempi e partire con il proprio progetto”, ha detto.
“Le cooperative di comunità non si contano ma si pesano“, ha esordito Paolo Venturi, direttore AICCON, in riferimento al fatto che, al di là dei numeri, ci sono degli elementi di valore sociale che le rendono ancora più preziose. “Oggi non si trovano più solo sugli Appennini o nelle aree fragili, ma prendono la forma dell’Italia“, ha detto, invocando la necessità di un riconoscimento perché “la loro attività di impresa è per tutti, per il bene comune”. Venturi ha anche suggerito di modificare le norme sul public procurement introducendo meccanismi premiali per questo tipo di impresa che rappresenta “una nuova visione del Made in Italy”.
Paolo Scaramuccia, responsabile Politiche di sviluppo locale e cooperative di comunità Legacoop, ha suggerito di valorizzare il partenariato pubblico-privato come possibile strumento di sviluppo locale nelle aree fragili.
Secondo Giovanna Barni, presidente Culturmedia Legacoop e consigliera delegata Innovazione e sviluppo CoopCulture, non è sufficiente far nascere un soggetto nuovo, ma serve cucire insieme un ruolo di capacity building per rafforzare queste realtà nel medio e lungo periodo.
Il presidente di Legacoop Emilia-Romagna, Daniele Montroni, ha espresso infine il proprio favore alla stesura di una legge delega “perché poi si può lavorare insieme sui decreti attuativi”, valorizzando i rapporti con le imprese e il capitale relazionale delle cooperative di comunità.
I DATI
Andrea Baldazzini, responsabile area Welfare ed economia sociale di AICCON, ha presentato i risultati della ricerca svolta attraverso un portale dedicato a questo tipo di impresa che ha generato una mappatura della loro diffusione nel Paese: le cooperative di comunità mappate nel 2025 sono 321 (220 cooperative già registrate e 101 in corso di registrazione) e operano in più di 70 province. Si occupano principalmente di turismo, cura e tutela dell’ambiente, valorizzazione del patrimonio. La ricerca è stata utile a individuare l’innesco da cui partono queste imprese: dal basso e con l’obiettivo di migliorare la qualità della propria vita, ma non sono prettamente “auto-organizzate” perché serve loro “un contesto abilitante“. Ed ecco perché è “fondamentale il ruolo di Legacoop” per supportarne la nascita, la crescita e lo sviluppo. Anche Baldazzini ha segnalato che è da rimarcare la crescente diffusione di queste imprese nei centri urbani di recente.
Quanto ai legami col territorio, l’attore pubblico è un interlocutore primario ma, ha sottolineato, al quarto posto ci sono le aziende locali, a testimonianza di “una grande capacità di dialogare con tutti” e che si aggiunge alla principale fonte di entrata oggi, ovvero “lo scambio di beni e servizi”. In prospettiva, tuttavia, queste cooperative si aspettano di incamerare risorse da progetti europei. Per il futuro, secondo AICCON, occorre valorizzare lo strumento del partenariato pubblico privato, introdurre voucher per l’acquisto di beni e servizi, individuare una cornice normativa omogenea.
Andrea Cori, dell’Area studi Legacoop, ha fornito una fotografia delle cooperative di comunità aderenti all’associazione: sono 106 (erano 55 nel 2020), attive in 19 regioni, cioè tutte tranne la Valle d’Aosta. Il 65% è collocato nelle aree interne, il 69% in Comuni con meno di 5mila abitanti. Coinvolgono 5.383 soci (numero medio di 51 soci per cooperativa), occupano 560 persone, realizzano un fatturato complessivo di 33,5 milioni di euro e hanno un patrimonio complessivo di 7,8 milioni. Cori ha fatto presente poi che spesso le aree a maggiore densità di cooperative di comunità sono “confinanti tra loro”.
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© Foto di Caterina Salvia







