Roma, 10 settembre 2025 – È stato presentato martedì 10 settembre il Rapporto Coop 2025 “Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi.
Questa edizione è orientata ad analizzare le scelte che gli italiani sono pronti a compiere e che quotidianamente fanno, partendo dal cibo. Il rapporto si è avvalso di due survey condotte entrambe nella seconda parte dello scorso agosto. La prima ha coinvolto un campione rappresentativo di mille italiani tra i 18 e i 65 anni. La seconda si è rivolta ad un frammento della community del sito italiani.coop, coinvolgendo 900 opinion leaders e market maker che svolgono 600 professioni diverse.
IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Nel Rapporto viene evidenziato che il conflitto è diventato la modalità prioritaria di risoluzione delle controversie internazionali; aumentano le guerre e la spesa militare (2,7 trilioni di dollari nel 2024, il 17% in più rispetto al 2022) e il 78% degli opinion leaders prevede un aumento dei conflitti militari nei prossimi 3/5 anni e il 18% teme l’inizio di un conflitto su scala globale.
In questo contesto instabile, l’Europa non riesce a tenere il passo con altre potenze globali, non per mancanza di risorse o valori, ma perché non ha ancora un sistema di governo davvero unito, efficiente e coerente tra i suoi Stati membri. L’Italia, intanto, sembra aver perso lo slancio post-pandemico: le stime indicano una crescita annuale del PIL di appena +0,5% per il biennio 2025-2026, mentre secondo gli opinion leader si fermerebbe addirittura a +0,1% nel 2026. Nonostante l’aumento dell’occupazione (+840.000 posti), la produttività cala (-1,4%) e l’ascensore sociale resta bloccato. La ricchezza è fortemente concentrata: il 10% della popolazione detiene il 58% del patrimonio nazionale.
Questo clima di incertezza, rende gli italiani più inquieti: cresce il timore per il futuro (dal 20% al 39% rispetto al 2022), così come l’inquietudine (dal 24% al 37%) e lo stato di allerta (dal 16% al 25%). Oltre metà della popolazione considera ormai possibile un conflitto armato, mentre emergono con forza nuove priorità: pace e diritti civili (64%), lotta alla povertà e alla violenza di genere (55%), lavoro dignitoso e riduzione delle disuguaglianze (62%).
I CONSUMI
Sul fronte economico, l’Italia si confronta con una crisi della società dei consumi. La spesa delle famiglie è aumentata solo dello 0,5% rispetto a cinque anni fa, ma oltre il 50% è assorbita da spese obbligate (casa, bollette, trasporti, cibo). Il risparmio resta il primo criterio d’acquisto per il 42% degli italiani, che oggi privilegiano l’essenziale, il second hand e la riparazione degli oggetti al posto del consumo compulsivo. Anche negli acquisti tecnologici, che raggiungono i 16,5 miliardi (+1,2% in un anno), si predilige la funzionalità alla gratificazione. Gli smartphone, ad esempio, registrano 2 milioni di unità vendute in meno rispetto al 2022.
In sintesi, gli italiani appaiono sempre più idealisti ma pragmatici: meno attratti dal possesso, più orientati al senso e all’utilità. E proprio questo nuovo approccio alla vita si riflette anche nel modo di mangiare e consumare. Il rapporto degli italiani con il cibo continua a evolversi, restando però centrale nella vita quotidiana. A tavola si riflette il cambiamento di valori, tra desiderio di salute, attenzione alla sostenibilità e una rinnovata centralità della casa come luogo del consumo.
I CONSUMI ALIMENTARI
Rispetto al 2022, cala dal 34% al 22% la quota di chi si riconosce in un’alimentazione legata esclusivamente alla tradizione, mentre crescono sia gli “innovatori” (dal 23% al 31%) sia chi mescola vecchie abitudini e nuove tendenze (dal 30% al 38%). Quella degli italiani è una cucina che sperimenta, ma resta domestica: nei primi sei mesi del 2025 la spesa per la ristorazione fuori casa cala del 2,2%, e un italiano su tre prevede di ridurla ulteriormente.
Nel frattempo, aumentano gli acquisti nella grande distribuzione, con un +3,8% a valore e +2% a volume. A trainare le spese sono soprattutto i freschi: frutta, verdura, latte fermentato, yogurt, pane e olio. Cresce anche la consapevolezza: 7 italiani su 10 leggono le etichette nutrizionali con regolarità, premiando i prodotti con meno zucchero, sale e additivi, mentre i cibi ultraprocessati perdono terreno. In forte tendenza anche il biologico, soprattutto nel Sud Italia, e ben 8,4 milioni di consumatori dichiarano di voler aumentare questi acquisti nei prossimi mesi.
Un altro segnale del cambiamento è il boom del “no-alcol”: 15,4 milioni di italiani scelgono bevande analcoliche anche quando potrebbero optare per alternative alcoliche, un trend particolarmente diffuso tra i giovani.
Il cibo è diventato per gli italiani un alleato della salute e della longevità. Quasi uno su quattro si pesa almeno una volta a settimana e questo spiega l’aumento record delle vendite di bilance: +55% per quelle personali (+432.000 pezzi venduti in più), +5,5% per quelle da cucina. La dieta iperproteica coinvolge già il 17% della popolazione: le vendite di sostituti vegetali della carne sono salite del +20,9%, dieci volte di più rispetto alle carni stesse; seguono uova (+7,8%) e legumi (+5,0%).
Nonostante un’inflazione alimentare più contenuta rispetto alla media europea (+3,1% in Italia contro il +3,3% UE), la pressione sui redditi spinge ancora verso il risparmio. Ma il discount non è più la sola via: cresce di più la spesa nei supermercati tradizionali (+2,7%), dove i consumatori preferiscono i prodotti in offerta (+40% li acquisterà o aumenterà l’acquisto) e quelli a marchio del distributore (+18% contro il +9% delle grandi marche).
Secondo i manager del settore, il futuro del food retail sarà dettato soprattutto da innovazione di prodotto e processo (53%), nuove strategie per il personale (36%) e integrazione dell’intelligenza artificiale, a cui viene attribuito un potenziale di crescita della produttività fino al 20% nei prossimi dieci anni.
I COMMENTI
“Il cibo per Coop è ‘Bene’ e non semplice merce – ha dichiarato Maura Latini, presidente di Coop Italia -. Gli italiani ritratti dal Rapporto sono persone consapevoli, leggono le etichette, vogliono esercitare con le loro azioni una difesa dell’ambiente e lottano contro il cambiamento climatico. Sono idealisti tanto quanto pragmatici. E per queste componenti credo che siano molto in linea con la nostra policy: una forte e diffusa marca Coop che oramai copre segmenti sia consueti che innovativi con prezzi accessibili per tutti, una importante presenza di marche leader e una politica per i prodotti locali specifica nei territori, ampia per ciascuna nostra cooperativa. E proprio grazie alla nostra offerta siamo fiduciosi, benché viviamo in tempi difficili e oscuri, di poter continuare a essere un punto di riferimento fondamentale non solo in ambito economico, ma come soggetto sociale e collettivo”.
“La debolezza della domanda è un fatto reale e sembra destinata a intensificarsi, con un comportamento di acquisto sempre più orientato alla ricerca di risparmio nella spesa quotidiana”, ha evidenziato Domenico Brisigotti, direttore generale Coop Italia, in riferimento alle dinamiche di mercato e sui risultati ottenuti nell’ultimo anno. “Per affrontare questo scenario – ha aggiunto -, riteniamo di dover continuare e rafforzare il piano avviato quest’anno, che si concentra sulla convenienza della nostra marca privata. La risposta dei consumatori è positiva: le vendite di Coop crescono più del mercato (un +0,8% rispetto alla media del retail) ed è migliorato anche il giudizio che i consumatori, oltre che i nostri soci, hanno della nostra offerta e del nostro posizionamento”.
Il presidente di Ancc-Coop Ernesto Dalle Rive ha posto l’accento sulle responsabilità del settore anche in tema di occupazione e coesione sociale: “Guardiamo con attenzione alle modifiche dei comportamenti di acquisto e come datori di lavoro siamo disponibili a ragionare sulle modalità e sulla qualità della nostra offerta occupazionale che già vede a favore dei nostri dipendenti importanti misure previste dalle politiche di welfare e che si pone l’obiettivo di conciliare sempre di più tempi di vita e tempi di lavoro”. Ecco perché, ha concluso, “e su questi temi si dovesse sviluppare un confronto fra la grande distribuzione tutta e il governo non ci sottrarremmo e porremmo in quella sede la necessità di una riflessione sulle attuali modalità di erogazione del servizio nelle giornate festive e domenicali”, auspicando che l’esecutivo introduca “interventi strutturali che possano mitigare le difficoltà in essere, come la riduzione del cuneo fiscale per il ceto medio e politiche di sostegno e contrasto alla povertà”.