Roma, 18 giugno 2025 – “Il 2024 è un anno che si chiude con il 90% delle cooperative italiane che hanno consolidato il patrimonio e hanno bilanci positivi, anche nei settori più critici in relazione al contesto economico difficile che viviamo. Il 2025 è pieno di incertezze legate all’instabilità internazionale: come associazione di rappresentanza intendiamo elaborare proposte di policy da condividere con le istituzioni per affrontare quello che è già un mutamento profondo dell’assetto mondiale e delle regole del gioco, contribuendo al nuovo posizionamento dell’economia italiana ed Europea”. Questo il commento del presidente di Legacoop Simone Gamberini durante la direzione seminariale organizzata dall’associazione che si è svolta a Roma.
Sconvolgimenti nell’economia globale, conflitti, nuovo ruolo degli Stati Uniti e della Cina, cambiamenti macroeconomici sono stati i temi al centro della mattinata. Ne hanno parlato, insieme al presidente Gamberini, Stefano Fassina, economista ed ex viceministro delle Finanze; Libero Monteforte, direttore del servizio macroeneconomico dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB); Stefano Fantacone, direttore del Centro Europa Ricerche (CER); Vladimiro Giacchè, direttore del centro studi della Banca del Fucino.
“Quella sul nuovo ruolo dell’economia italiana nel mondo è una discussione che stiamo portando avanti anche con Confindustria e le altre associazioni di rappresentanza, elaborando strade che non solo siano quelle giuste per le imprese, ma che abbiano effetti sistemici”, ha aggiunto Gamberini. “Come movimento cooperativo ci poniamo l’obiettivo ambizioso di offrire al Paese soluzioni per affrontare alcune lacune strutturali. Penso alle politiche industriali, energetiche e di welfare, che in uno scenario incerto diventano sempre più centrali. Immaginiamo un modello di sviluppo che, per come la vediamo noi, deve prevedere un ruolo determinante del modello cooperativo, che deve essere centrale anche a livello europeo”.
“Con il nostro centro studi abbiamo scandagliato le condizioni del Paese, e ora è il momento di collaborare con enti di ricerca e studio per riuscire a costruire visioni e prospettive e condividerle con altri soggetti. Non abbiamo l’aspirazione di sostituirci alla politica”, ha precisato il presidente, “ma dobbiamo supportare le istituzioni, che spesso si trovano a dover ragionare nel breve periodo. Questo percorso è già iniziato da qualche anno in collaborazione con altre associazioni e con i sindacati”.
Dal presidente Gamberini un momento di riflessione sulla situazione nella striscia di Gaza, fulcro delle crisi internazionali in corso ed emergenza umanitaria gravissima. “Le cooperative ci hanno chiesto di prendere posizioni pubbliche e portare avanti iniziative per inviare aiuti alla popolazione di Gaza”, ha spiegato. “Legacoop collabora da tempo con alcune ong che sono presenti a Gaza e sono porte di accesso al sistema degli aiuti, abbiamo fatto una campagna di raccolta di generi alimentari. Ora siamo fermi a causa della nuova situazione che si è creata nella Striscia. In questo momento nessun canale di aiuti riesce ad arrivare se non nelle forme veicolate dal governo israeliano. Abbiamo tentato”, ha fatto sapere, “di costruire rapporti con l’organizzazione internazionale creata da USA e Israele – la Gaza humanitarian foundation (Ghf), ndr – che a oggi è l’unico soggetto che può portare aiuti, ma le interlocuzioni non hanno funzionato. Abbiamo ottenuto l’impegno del ministro Tajani”, ha fatto sapere, “ad attivare corridoi umanitari quando verranno sottoscritti accordi specifici con la Ghf. Noi saremo pronti a dare il nostro contributo”.
Nel suo intervento, Stefano Fassina ha commentato che “l’ordine governativo post guerra fredda si è rivelato insostenibile dal punto di vista macroeconomico e sociale, e questo si è dimostrato con i consensi dati all’estrema destra in tutto il mondo”. È entrato poi nel merito del nuovo ruolo degli Stati Uniti nell’assetto globale: “Sono ancora il soggetto che consuma più di tutti ma che diventa sempre più piccolo dal punto di vista economico, con circa un trilione di dollari di deficit, raddoppiato negli ultimi dieci anni”. Le economie europee secondo Fassina continuano a puntare troppo sull’export verso gli Stati Uniti, sacrificando la qualità della domanda interna europea e quindi non lavorando a sufficienza sulle condizioni salariali dei nostri cittadini. “L’America adotta politiche protezionistiche, ed è una strada da cui non si torna indietro, l’Europa deve dunque uscire da un’ottica mercantilistica in cui esiste un gigante che consuma e altri che esportano producendo a condizioni di lavoro inadeguate. La strada”, secondo l’ex deputato, “è quella di riconfigurare l’economia verso la domanda interna europea, con l’export che non sia più l’unico motore di crescita”.
Secondo Stefano Fantacone del CER, a oggi la strategia percorribile da adottare nel contesto di grande instabilità che stiamo vivendo a causa dei dazi e delle altre decisioni protezionistiche prese dagli USA – cioè il Paese fulcro del passato equilibrio mondiale – è innanzitutto quella di evitare che le politiche protezionistiche diventino generalizzate nel mondo e reciproche. Secondo il direttore del CER serve un nuovo accordo multilaterale, anche senza includere gli USA o senza considerarli ancora il paese egemone, accettando il fatto che il dollaro si svaluta sempre di più e considerando come un fattore positivo la progressiva rivalutazione delle altre principali monete globali, tra cui in primis l’Euro e la moneta cinese. Centrale per Fantacone, come per Fassina, l’abbandono del modello mercantilista europeo, stimolando la domanda interna, accettando una riduzione strutturale e graduale dell’avanzo commerciale con gli USA e puntando non solo sugli investimenti per la difesa.
Libero Monteforte dell’UPB ha individuato nelle transizioni demografiche – con l’Occidente che perde sempre più popolazione a scapito dei BRICS che crescono vertiginosamente – nel cambiamento climatico – che richiede per tutti sforzi economici importanti – e nella fine del monopolio tecnologico dei Paesi avanzati i tre driver del nuovo equilibrio globale. A suo parere, la gestione ottimale di queste tendenze dovrebbe basarsi sul coordinamento tra i paesi e sulla lungimiranza delle politiche economiche; al contrario, però, crescono le tensioni geopolitiche e l’incertezza. L’economia globale resta disomogenea, ci sono forti divari tra i tassi di crescita. Si acuisce la guerra commerciale, “che inciderà sui prezzi negli USA e avrà effetti recessivi in molti altri Paesi”. Per tutti questi fattori, l’economia italiana subisce un rallentamento rispetto al periodo di forte crescita sperimentato dopo la pandemia. “L’effetto dei dazi imposti dagli USA è molto differenziato tra i diversi settori della nostra economia”, ha spiegato. “Le tariffe colpiscono principalmente la manifattura, ma anche i servizi che sono legati alla produzione industriale, come la ricerca di personale, l’ingegneria e la consulenza. Viviamo rischi di scenario esogeni”, ha concluso, “che non dipendono più dalle interazioni interne del mercato interno, dobbiamo dunque attrezzarci con soluzioni di lungo periodo”.
Quanto all’importanza sempre crescente della Cina, Vladimiro Giacchè ha sottolineato che rivedere il posizionamento dell’Italia nel mercato del gigante asiatico è un passo fondamentale per controbilanciare i sempre minori margini di sviluppo delle relazioi con gli Stati Uniti. “ Per un Paese esportatore come l’Italia, incrementare l’export verso la Cina sarebbe un’ottima opportunità. Le potenzialità di sviluppo sono significative, la dinamica di crescita è interessante. Un adeguato nuovo ruolo sui mercati cinesi ci consentirebbe di sfruttare l’aumento dei consumi che la Cina sta vivendo. Purtroppo, però”, ha notato in conclusione Giacchè, “nell’ultimo anno l’export verso la Cina è diminuito invece di aumentare”.