Roma, 11 settembre 2025 – Una perdurante incertezza che pesa sull’attività delle imprese italiane e sulla crescita del Paese. A dominare la scena è il tira e molla sui dazi tra Stati Uniti ed Europa, accompagnato da tensioni geopolitiche e conflitti ancora irrisolti e da consumi delle famiglie che continuano ad essere molto deboli. Un quadro che impatta negativamente sulle prospettive di crescita media del PIL, che in chiusura d’anno è stimabile attorno allo 0.5%.
È questo, in estrema sintesi, lo scenario tratteggiato dal Monitor “Dal tira e molla dei dazi allo stallo della crescita”, realizzato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Prometeia.
“La fase dell’incertezza -sottolinea Simone Gamberini, presidente Legacoop- comincia a rendere concrete le minacce già paventate nei mesi scorsi. La conferma di una flessione della previsione di una crescita del PIL ferma allo 0,5% è un segnale preoccupante che evidenzia la necessità di una politica industriale e di misure economiche e commerciali più stabili e lungimiranti. Le nostre imprese, e in particolare il mondo cooperativo, hanno bisogno di certezze per pianificare investimenti e creare lavoro di qualità. È evidente che i dazi e l’instabilità internazionale mettono a rischio la competitività e la coesione sociale, e inevitabilmente costituiscono uno stimolo a rafforzare la capacità del Paese di innovare, diversificare i mercati e valorizzare le filiere produttive più radicate e robuste. Occorre quanto mai a livello di sistema paese e tra istituzioni e forze economiche e sociali, un impegno ‘cooperativo’ per costruire insieme strumenti che sostengano la domanda interna e riattivino uno sviluppo che permetta di reagire all’impatto che un ciclo prevedibilmente negativo può avere sulla nostra economia; un vero e proprio patto per il lavoro e lo sviluppo per l’Italia”.
L’incertezza dei dazi: l’impatto sulle imprese e sul PIL
L’estate 2025 non ha portato le attese schiarite. Insieme alla perdurante e drammatica assenza di spiragli per la soluzione dei conflitti in corso, prosegue l’incertezza della politica commerciale, mai stata così alta come quella registrata a partire da novembre 2024, con un picco in corrispondenza del 2 aprile, quando il presedente Trump annunciò forti aumenti dei dazi in occasione del “Liberation Day Tariffs”. Finora sono stati più di 100, nel secondo mandato del presidente Trump, i provvedimenti annunciati e le decisioni intraprese in materia di politica commerciale. Ma gli accordi sui dazi, alcuni dei quali siglati e sempre a favore degli USA, sono ancora in discussione. Nonostante l’accordo formalizzato a fine agosto tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, non si escludono ulteriori contrattazioni sulle esportazioni di prodotti farmaceutici. Inoltre, entro fine ottobre è previsto il pronunciamento della Corte Suprema USA sulla legittimità delle misure tariffarie decise dal presidente.
Basandosi su dazi del 15% su tutti i beni che gli USA importano dall’UE (fatta eccezione per acciaio, alluminio e derivati cui è applicato un incremento del 50%), e tenendo conto della composizione delle esportazioni italiane negli Stati Uniti, l’analisi di Area Studi Legacoop e Prometeia evidenzia come il dazio medio effettivo salirebbe al 16% rispetto al 2.2% del 2024, con un impatto sulla crescita del PIL italiano pari a -0.4/-0.5 punti percentuali cumulati nell’arco di due anni, che risulterebbe più forte se si tenesse conto anche dell’apprezzamento dell’Euro sul Dollaro.
Nel nostro Paese, nel primo trimestre dell’anno in corso le esportazioni di merci e servizi in volume sono aumentate molto (il 2.1% in più sul trimestre precedente), per un probabile effetto di anticipazione degli aumenti attesi dei dazi; rilevante è stato infatti il contributo dell’export italiano verso gli USA, anche per la vendita di beni di natura eccezionale, quale una nave da crociera. Il secondo trimestre, invece, registra il contraccolpo negativo, con le nostre esportazioni che calano, in volume, dell’1.7% rispetto al primo trimestre.
Consumi deboli e propensione al risparmio in aumento
Se il fronte estero appare problematico, nemmeno la domanda interna fornisce slancio all’economia. La prudenza registrata nel primo trimestre dell’anno in corso -con le famiglie che, nonostante un recupero del potere d’acquisto, hanno preferito aumentare la propensione al risparmio, che rimane di circa due punti percentuali superiore ai livelli pre-pandemia– si conferma nel secondo trimestre, nel quale la spesa delle famiglie registra una crescita zero rispetto ai tre mesi precedenti.
L’impatto dell’inflazione passata è ancora rilevante. Rispetto al 2019, il costo dei servizi finanziari è cresciuto del 48%, quello dei prodotti alimentari del 26%, quello dei servizi legati all’abitazione del 15%. Le conseguenze economiche più rilevanti si sono verificate tra le famiglie a basso reddito, per le quali i beni alimentari e i servizi dell’abitazione rappresentano una quota elevata dei rispettivi panieri.
Le prospettive del PIL 2025: crescita media attorno allo 0.5%
Dopo un primo trimestre positivo (+0,3% sul periodo precedente), il PIL italiano ha registrato un calo dello 0.1% nel secondo trimestre, riflesso sia del contraccolpo negativo sulle esportazioni dopo l’effetto anticipazione nel primo sia della debolezza dei consumi. In prospettiva, gli indicatori congiunturali non evidenziano, per il terzo trimestre, un’inversione di tendenza nel ciclo italiano, che rimarrà caratterizzato da un’evoluzione particolarmente debole del PIL. Secondo le stime contenute nel Monitor, il 2025 si chiuderà con una crescita media del PIL attorno allo 0.5%, grazie soprattutto al contributo positivo degli investimenti del PNRR